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L’allevamento felino dal punto di vista fiscale

L’allevamento del gatto di razza in Italia è stato riconosciuto con decreto ministeriale n. 12953 del 13/10/2008, ma dal punto di vista fiscale non è ancora regolamentato da alcuna specifica legge, ancorchè l’art. 2135 del codice civile sancisce che l’allevamento di animali (in generale) qualifica l’allevatore come imprenditore agricolo. Mentre, ad esempio, l’allevamento del cane è ben definito sia dal punto di vista giuridico che fiscale, per il gatto nulla è previsto.

In assenza quindi di norme specifiche ci si deve rapportare all’allevamento “generico” di animali non da reddito. Si possono distinguere tre casistiche generali:

  1. Imprenditore così come definito dell’art. 4 del DPR 633.
    E’ chi esercita l’allevamento felino come unica attività, o come attività principale. E’ tenuto all’apertura della Partita IVA, all’iscrizione alla Camera di Commercio, all’iscrizione all’INPS ed al versamento del relativo contributo, e, sulla base del proprio fatturato,a scegliere il regime fiscale (forfettario o ordinario)
  2. Allevamento amatoriale, non organizzato in forma d’impresa ma che può produrre reddito.
    E’ il caso più frequente in quanto l’allevamento non è l’attività principale e prevalente ma è esercitato in concomitanza di un lavoro dipendente o autonomo.
    Se l’attività principale è di tipo autonomo essendo già possessori di un’iscrizione camerale e di una partita IVA si dovrà effettuare l’ampliamento della propria attività inserendo anche l’allevamento.
    Se l’attività principale e prevalente è di tipo dipendente e se il “guadagno”, frutto della differenza tra i ricavi dalla vendita dei gatti prodotti (dimostrate dalle ricevute di vendita) ed i costi sostenuti per il mantenimento dell’allevamento, non è rilevante non si ha l’obbligo dell’apertura della partita IVA.
    Il “guadagno” dovrà essere dichiarato come attività commerciale occasionale nella dichiarazione dei redditi e su questo dovrà essere versata la relativa imposta.
    Mentre il “guadagno” va dichiarato, le “perdite” non possono essere portate in detrazione del reddito principale.
  3. Allevamento svolto esclusivamente per scopi hobbistici senza produrre redditi.
    E’ il caso degli appassionati che non cedono i soggetti nati nel proprio allevamento ricavandone un corrispettivo ma li regalano o sistemano presso le nuove famiglie per poter proseguire poi nell’attività di selezione.


E’ da tenere ben presente che se anche si produce una sola cucciolata all’anno ma per più anni, anche non consecutivi, questa fiscalmente non può essere considerata prestazione occasionale.

Da qualche anno è possibile, per i possessori di animali, detrarre dalla dichiarazione dei redditi le spese veterinarie sostenute nel corso dell’anno e comprovate dal rilascio della relativa fattura. In effetti la dicitura del rigo E29 è “spese veterinarie sostenute per la cura degli animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per pratica sportiva”. Per l’anno 2008 sono detraibili nella misura del 19% , per un importo massimo di Euro 387,34 e la franchigia è di Euro 129,11.

Gianfranca Saronni

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  • Ultima modifica: 2009/08/11 18:15
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